Certo è soggettivo, tuttavia il cinema (talvolta partendo dalla narrativa) è stato in grado di creare personaggi considerati universalmente terrificanti: eccone alcuni.
Non c’è dubbio: la vita non è un film. Tuttavia, anche solo a mo’ di gioco, vi va di provare a immaginare la reazione che potremmo avere se incontrassimo per strada uno dei personaggi più spaventosi e terrificanti che il cinema e la narrativa hanno creato nell’ultimo mezzo secolo circa? Ad esempio un Freddy Krueger di “Nightmare on Elm Street” o, se il personaggio creato da Wes Craven ci sembra troppo oltre la realtà, un John Doe di “Seven”?!
Ancora: cosa ne direste di essere sottoposti alle cure di una Annie Wilkes, interpretata da una “assoluta”, incredibile Kathy Bates nel riuscitissimo “Misery non deve morire”, tratto dal best seller del maestro dell’horror Stephen King, oppure di essere noi a doverci prendere cura di una Regan MacNeil, posseduta niente meno che da Satana “in persona”, come nel fibrillante capolavoro (tanto letterario quanto cinematografico) de “L’esorcista”? E, ancora, cosa dire di Michael Myers di “Halloween”, dell’alieno di “Alien”, dell’uomo delle caramelle di “Candyman”, per arrivare fino all’altra madre di “Coraline”, all’uomo pallido de “Il labirinto del fauno” ed al signor Babadook dell’omonimo film?
Uh.. dite la verità: il solo riaffiorare nella memoria di questi personaggi fa venire i brividi, non è così (almeno per chi vi scrive, la situazione è proprio questa..!)?! Ci hanno letteralmente terrorizzato e non solo per la durata della pellicola, ma con ogni probabilità hanno anche popolato i nostri sogni, rendendoli incubi, chissà quante volte e per quanto a lungo. Ma come hanno fatto?
Il senso dell’orrore e l’esplorazione del terrore: ieri e oggi a confronto
Oggi la narrazione che si compie della cattiveria sta attraversando un periodo particolarmente diverso da quello caratteristico di soli pochi anni fa: l’anti-eroe è diventato il protagonista prevalente di un gran numero di storie letterarie e cinematografiche e la sua insensibilità, la sua efferatezza e l’assenza di qualsiasi scrupolo che contraddistingue il suo essere ed agire nel dedicarsi all’oggetto di devozione per antonomasia del nostro tempo – ovvero il danaro e con esso il potere – sono assurti quasi a modello di riferimento.
Solo pochi anni fa, invece, la situazione era ben diversa: la malvagità veniva presentata in tutta la sua tragicità, analizzata nelle sue complessità e sfaccettature, riconosciuta nella sua origine, dunque compresa e finanche compatita. Gli autori ne compivano una vera e propria analisi, particolarmente approfondita, scoprendone le cause e quindi consentendo attraverso la storia che queste esplodessero in tutta la loro orrifica drammaticità.
Il che in fondo è proprio lo scopo dell’horror: svelarci il sentimento del terrore, uno stato psichico di paura che, grazie all’esperienza del racconto, tuttavia resta relegato nella dimensione del fittizio e, per questo, dell’innocuo (al netto degli incubi notturni che possono averci causato!). E nei casi citati, che riguardano pensatori e scrittori sopraffini, veri e propri esploratori dell’animo umano, senza dubbio una palestra preziosissima di allenamento emotivo nei confronti del pericolo, della vulnerabilità e dell’esplorazione dei meandri psichici più oscuri di noi stessi.